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“Grüne Witwe”, la vedova verde

Nel periodo più lungo in cui ho vissuto nel profondo nord d’Europa, quasi la metà della mia  fase adulta,  ho visto scorrere tutto lo spettro della vita “normale”, e anche lunghi e intensi spezzoni più torbidi.

Ho avuto una vita professionale, di un certo successo e soddisfazione, all’interno di una delle più grandi società di consulenza aziendale del mondo. Enormemente istruttivo, e una grande scuola, per uno che come me veniva dalle (fallite) rivoluzioni sociali, dai grandi movimenti, e dal mondo universitario. Ho anche avuto alcune opportunità che ho sprecato o non colto (di una parlo in questo blog, nel pezzo su San Diego).
Ho messo su casa e creato una famiglia, con un matrimonio durato una decina di anni e un periodo in cui mi sono ritrovato a svolgere ruoli “da babbo e da mamma”. A quelle che conoscevo già ho aggiunto un’altra  lingua, considerata ostica, arrivando a parlarla in modo quasi impercettibile per i nativi. Penso che ne scriverò, di queste e altre fasi di vita e giri di boa.

Quella che oggi mi è risalita alla memoria, e mi ha fatto lanciare con la penna d’oca digitale, si colloca nel periodo in cui ero tornato uomo libero, sotto il punto di vista sentimentale, erotico, esistenziale, ancora in quelle terre fredde ed efficienti.

Lei era la mamma di un ragazzino che frequentava la stessa scuola materna del mio. Giocavano anche insieme dopo la scuola, a casa dell’uno o dell’altro, nella zona residenziale benestante appena fuori della città dove abitavamo.

Amtshaus und Kavaliershaus in Bissendorf (Wedemark)
Bissendorf

Capitava di incrociarci per quei motivi, e una volta,  ad inizio estate, mi aveva colpito in un casuale incontro, mentre veniva a riprendere suo figlio nel tardo pomeriggio. Era in bici, con una ampia gonna plissettata, e un corsetto rosso senza spallini. Scambiammo poche parole, poi lei riprese la via di casa con il bambino.  Forse scoccò già una scintilla, che avrebbe scatenato l’incendio molti mesi dopo.

L’ambiente culturale di quelle latitudini riserva eleganza e una certa sobria sensualità soprattutto alle signore bene. E’ molto più raro che da noi il presentarsi di una piacevole visione nel quotidiano, la fornaia o la bancaria, un attimo fuggevole ma che permea la giornata. A dir la verità lo stesso, o peggio si può dire del panorama maschile, caratterizzato da visibile rigidità, dall’impressione che siano fatti con lo stampino, e non dei migliori. Ma ovviamente la mia sensibilità, l’occhio, le antenne, i sensi, erano rivolti al mondo femminile. Paradossalmente, non essendo mai stato un bellone, o dedito all’eleganza e all’aspetto esteriore, a volte mi sembrava di essere anni luce in vantaggio, forse giocando sul mio essere “uomo di mondo”, cosmopolita, ecc ecc.

La “grüne Witwe”, che fa da titolo al mio racconto, è una tipologia di donna, quasi un clichè, di quelle società: vedova perchè il marito, imprenditore, manager, uomo di affari, non c’è mai  (e quando c’è è come se non ci fosse), lei si sente sola, trascurata, un oggetto di rappresentanza, nonostante che spesso sia una bella donna, che trasmette un’aura di sensualità appena coperta dall’eleganza e dalle formalità sociali. “Verde” perchè i ricchi spesso vanno a  vivere nelle cinture rurali ( o pretese tali) delle grandi città, hanno una bella casa indipendente, il giardino, il “car port” per le vetture di lui e di lei ecc.

Lei era così, quasi la personificazione del clichè, ma in più colta, intelligente, con un passato per niente piatto, e anzi piuttosto esuberante, seducente a chi sa vedere queste cose. La chiamerò “Donna di Seta”, con un gioco di parole fra il suo nome vero e certe sue caratteristiche di tessuto nobile, raffinato, adatto alla seduzione. Aveva 36 anni: “Eine Frau in ihren besten Jahren”, una donna nel meglio dei suoi anni. Che probabilmente vedeva trascorrere sprecandoli, in una vita senza emozioni, senza eros, sbiadita, senza sensazioni forti e stimoli. Banalmente si potrebbe dire che aveva gli ormoni in ebollizione, ma era anche molto che le girava in testa ad alimentare la sua voglia di uscire dai binari, dal prestabilito.

Successe alcuni mesi dopo, con una serie di mosse mie, ma ancora più sue. Lo racconterò alla prossima puntata, forse più d’una, perché la storia durò oltre 3 anni, da una vicenda prettamente e magnificamente carnale, coinvolse sempre più me e lei, con un epilogo che ci si può immaginare, ma che potrebbe essere nella sceneggiatura di un film.

Spero di non aver annoiato i miei lettori, sicuramente sono uscito per qualche ora dal mood malinconico e mi sono avventurato su un terreno finora appena accennato: amore, sesso, non acqua tiepida ma lava bollente.


Non ero un ragazzino vittima della seduttrice, la storia è molto diversa, ma mrs Robinson mi è tornata in mente come “vedova verde”, anche per una certa somiglianza fisica con la mia “Donna di Seta”.

 

 

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